CRIPTE E CHIESE MEDIEVALI

Con la diffusione del Cristianesimo anche in Salento iniziano ad arrivare i primi cristiani andando a costituire delle vere e proprie comunità. Lo stesso San Pietro, si dice, in viaggio dall’Oriente, passò da questo territorio, battezzando la popolazione di alcune città e fondando le prime chiese (Chiesa di San Pietro ad Otranto). Purtroppo pochi sono i resti di età paleocristiana, ad eccezione della Chiesa di Santa Maria della Croce a Casaranello, il cui impianto originario risale al V secolo d.C. e di questo periodo si conservano i bei mosaici sulla volta del presbiterio e della cupola.

LA CIVILTA’ RUPESTRE
Per esigenze di difesa, non solo da attacchi nemici, ma anche per non poter manifestare apertamente la propria religione cristiana, parte della popolazione locale trova naturale rifugio nelle grotte e negli anfratti, situati lungo le serre o le coste, ricavando così una serie di abitazioni che diedero origine alla cosiddetta “civiltà rupestre”, come testimoniato nell’insediamento di Macurano, nella campagna di Alessano, nell’estremo sud del Salento. In molti casi questi insediamenti erano legati a monaci di provenienza greca, perlopiù basiliani.
Nella roccia venivano così scavati anche i luoghi di culto, le cripte, che potevano avere tipologie architettoniche e planimetrie diverse ed erano affrescate sulle pareti. Gli affreschi rappresentano i santi maggiormente invocati, ma una predilezione particolare si riscontra per il culto di Maria, nelle sue varie denominazioni.

La massima espressione della civiltà rupestre si ha tra il X e il XII secolo, quando una grande ondata di monaci orientali arriva in Italia meridionale per sfuggire alle persecuzioni nate dal divieto delle rappresentazioni sacre nei luoghi di culto.
L’egemonia greca si interrompe con l’arrivo dei Normanni, la cui dominazione fu comunque estremamente tollerante nei confronti della superiorità culturale e artistica bizantina, lasciando inoltre continuare anche la pratica del rito greco. Monaci greci continuano così ad essere accolti all’interno dei monasteri normanni, come è testimoniato ad esempio nell’Abbazia di Santa Maria di Cerrate vicino Lecce, o nel monastero di San Nicola di Casole ad Otranto.

La cripta rupestre di Sant’Angelo
La chiesa doveva essere il luogo di culto di un insediamento medievale collocato lungo le pendici di Monte Sant’Angelo. Dell’insediamento sono stati messi in luce resti della fortificazione sulla sommità del monte con una torre a pianta quadrata. L’insediamento doveva avere nel Medioevo un importante ruolo strategico, in quanto dall’alto era possibile dominare tutta la valle dell’Idro. Era costituito da rifugi scavati nella roccia, a uno o più vani; silos per la conservazione delle derrate e terrazzamenti.

La cripta è datata tra il XIII e il XIV secolo. L’ambiente è in gran parte crollato, ma sono ancora distinguibili il naos, il bema, divisi da una iconostasi di pietra a tre fornici secondo l’uso greco-bizantino. Il bema è diviso in tre absidi tra loro comunicanti attraverso piccole porte. Nel naos sono chiaramente distinguibili alcuni affreschi tra cui una rappresentazione dell’Arcangelo Michele del XIII-XIV secolo. Sulla stessa parete sono presenti tracce di due piccoli volti femminili, e l’immagine di un Santo accompagnato da iscrizioni. Le figure sono a due dimensioni come tipico della tradizione bizantina. I due fornici laterali dell’iconostasi appaiono murati, probabilmente a seguito del Concilio di Trento che segnò il passaggio dal rito greco a quello latino.
Come era usuale intorno alla chiesa vi era l’area cimiteriale: sono infatti state trovate numerose tombe che si collocano lungo le pendici del monte.

Come arrivare: lungo il perimetro di Monte Sant’Angelo, località “Le Padule” tra Casamassella e Otranto

L’Abbazia di San Nicola di Casole
Appena a sud di Otranto sorgono, all’interno di una masseria, le rovine del monastero normanno di San Nicola di Casole. Fondato nel 1098-99, diventa presto il massimo centro del monachesimo italo-greco in Puglia. La vita del monastero precedente il 1480, quando i Turchi devastarono l’abbazia, è nota dai manoscritti superstiti della produzione di scriptoria latini e greci, presenti nel cenobio. In alcuni manoscritti viene infatti raccontata la vita del monastero, degli ecumeni, dell’osservanza della regola di San Basilio, vengono annoverati i possedimenti terrieri del monastero che ne facevano uno dei più importanti e ricchi dell’Italia meridionale.
Il monastero, dove venivano trascritti antichi codici greci e latini, con la sua pregiatissima biblioteca, diventa un centro d’incontro di culture e di studi classici. Possedeva una biblioteca provvista di manoscritti di immenso valore, ai quali potevano accedere gli studiosi di letteratura greca provenienti dalle più remote regioni d’Italia e dall’estero, oggi patrimonio delle maggiori biblioteche d’Europa.

Dopo il 1480 l’abbazia non viene totalmente distrutta, sarà nel corso del Seicento che questa viene lentamente abbandonata dai monaci.
Oggi dell’imponente struttura rimangono solo alcune mura diroccate, un puteale medievale al centro del cortile, alcuni resti di mensoloni, alcune colonne con abachi relativi al prospetto della chiesa.

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